giovedì 11 marzo 2010

Dungu ed LRA


Eccomi con padre Ernesto Castro dello Stato di Jalisco degli Stati Uniti del Messico. Da fine gennaio è tra noi, dopo tre anni passati alla periferia della capitale del Congo, Kinshasa. Ha ancora poca pratica della moto. Gesù si spostava a piedi come la gente povera di qui ma noi due vogliamo profittare della tecnica per arrivare prima e non troppo stanchi.


Sono tornato martedi alle 17h alla base (in città).

Tutto bene. Il casco e la visiera mi hanno protetto la faccia tra le erbe non bruciate della savana che sbattevano addosso. Quando la visiera era bagnata dalla pioggia ho dovuto alzarla e allora ho rischiato un po' agli occhi.

VIAGGIO A DUNGU:

Domenica 25 Aprile

Sono stato invitato da P. Sergio ad andare a Dungu per portare la moto che hanno ricevuto, e per riparare alcune pitture murali fatte nella chiesa di Bomokandi da P. Leon Coppens (che era un grande artista) che sono state rovinate da infiltrazioni d’acqua dal tetto.
Cosi giovedì dopo una mattinata di lavoro e non troppo in forma, sono partito per arrivare a Rungu come prima tappa del viaggio. Visto che da qualche giorno non piove, il fondo stradale è buono e ho viaggiato bene. A metà strada ho dovuto fermarmi per risistemare i bagagli e  rifare le legature che con i sobbalzi e i bruschi movimenti della moto si erano allentate. Sono ripartito, ma dopo qualche centinaio di metri avevo l’impressione di vedere strano: togliendo il casco avevo tolto gli occhiali, che non avevo poi rimesso e che erano caduti nell’erba. Mi sono messo a cercarli dove pensavo fossero caduti ma invano. Poi ho visto una ragazzina venire verso di me chiamandomi a gran voce e sventolando gli occhiali. Cercandoli nel posto sbagliato non li avrei mai trovati e continuare senza occhiali sarebbe stato complicato. Cosi sarei dovuto rientrare ad Isiro per prendere il paio di scorta, facendo  una novantina di chilometri per ritrovarmi allo stesso punto con almeno 4 ore di moto. Ho ringraziato di cuore la ragazzina che mi ha “salvato”. Prima di sera ero a Rungu e sono stato accolto calorosamente dalle “ragazze del Coe”. Ho avuto tempo di restare con P. Paolo e di controllare i lavori del tetto della scuola Angela Andriano del Coe e incontrare gli operai per qualche consiglio.
Venerdì mattina alle sei ho ripreso il viaggio, seguito in moto da Kaniki, infermiere dell’ospedale che andava nel villaggio di Babagù a 75 km per la campagna di vaccinazioni.
Visto la presenza di militari lungo il cammino si sentiva più sicuro in mia compagnia.
In effetti, a causa del rischio d’incursioni dei ribelli della LRA a partire da Rungu, in diversi villaggi ci sono gruppetti di soldati congolesi  (FARDC - Forces Armées de la Rep. Dém. du Congo) che dicono essere li per proteggere la gente, ma che la gente considera alla stregua dei ribelli stessi, visto che disturbano e prendono quello che vogliono. Noi non abbiamo avuto alcun problema. Solo nel villaggio di Rekase, entrando nella cosiddetta “Route Royale” non c’erano i militari ma i poliziotti che come al solito cercano di spillare soldi. Mi hanno bloccato per mezz’ora cercando mille pretesti per chiedermi soldi. Ho ceduto dando loro 500franchi congolesi (mezzo dollaro) che hanno subito tradotto in “araki” (distillato locale) per consolarsi. La “royale” fino a qualche anno fa era chiusa perché c’erano due ponti caduti e le piante erano cresciute in mezzo alla strada. Cercando una via alternativa per riuscire a salire a Babagù, e convinto che fosse la strada migliore della zona come fondo ( i belgi pensavo di fare la ferrovia per collegare il fiume Congo al fiume Nilo e per questo avevano pavimentato buona parte della strada con pietre), qualche anno fa l’avevo in parte riaperta con i miei operai rifacendo i ponti con tronchi e tagliando un’enorme quantità d’alberi. Ora è diventata la via ufficiale per i camion che dall’Uganda e dal Sudan scendono con rifornimenti per Isiro. Dopo Rekase c’è il villaggio di Lombia, che è stato creato dai cercatori d’oro e che è diventato un grosso villaggio. Visto le buone condizioni della strada ho potuto viaggiare spedito e arrivare a Dungu poco dopo l’una del pomeriggio. Per fare i 230 km. ho impiegato poco più di dieci ore, con una media elevata per le nostre strade. Già da ieri avevo un buon mal di testa e lo stress del viaggio ha fatto il resto cosi giunto a Dungu sono finito a letto con un attacco di malaria. Oggi domenica, comincio a stare meglio. P; Sergio rientra questa sera dal villaggio di Limai dove è andato in moto per la celebrazione domenicale e per incontri con i vari gruppi.


Bomokandi è un quartiere alla periferia ovest di Dungu. La parrocchia a noi confidata da quaranta e più anni, è dedicata alla “Madre di Dio” (Namboli in Kizande), dista dalla cattedrale sei chilometri, e comprende anche oltre una quarantina di cappelle verso nord e verso ovest. La bella chiesa ottagonale è un capolavoro artistico di fr. Santo, con all’interno diverse opere di P. Leon oltre che altare, tabernacolo, ambone e battistero in legno rosso scolpito dagli artisti di P. Leon. Ora ci sono solo P. Sergio come parroco e P. Ferruccio  che si interessa soprattutto alla missione di Duru e dei villaggi di questa missione abbandonata dopo le incursioni e i saccheggi dei ribelli della LRA presenti nella zona. Fino al mio arrivo avevano una sola moto a disposizione per le visite nei villaggi, essendo la land rover fuori uso da tempo. Per cui quando uno usciva nei villaggi l’altro non aveva alcun mezzo per muoversi o per andare al centro. Anche se Bomokandi é vicinissimo alla città (e nonostante la presenza delle forze dell’ONU e dei nostri soldati del Congo), ci sono state incursioni dei ribelli e la gente non si sente sicura.
Sergio e  Ferruccio hanno dato ospitalità nei locali annessi alla parrocchia a delle mamme con bambini scappate dai villaggi a maggior rischio.
Ho incontrato delle mamme a cui è stato rapito il marito o dei figli, di cui non hanno più notizie.
Nel 2008 quando hanno iniziato i loro sanguinari saccheggi e i massacri, lo facevano in gruppi numerosi, ma da quando i caccia ugandesi hanno tentato di bombardare i campi dei ribelli senza riuscirci, questi ultimi si sono divisi in piccoli gruppi ben coordinati attraverso contatti con telefoni satellitari e fanno le loro devastanti incursioni nei villaggi all’improvviso.
Nell’ultima incursione di tre giorni fa nella zona di Niangara, tre adulti sono stati uccisi e a una ragazza di dodici anni hanno tagliato e asportato completamente con la lametta le labbra e un orecchio, sfigurandola e traumatizzandola per il resto della vita.
La gente non si muove dai villaggi o dalla città perché ha paura. Non coltivano più i campi perché i campi sono lontani anche dieci chilometri dai centri abitati e sono quindi facile preda di questi sciacalli.
Ferruccio e Sergio mi hanno raccontato molto sulle vittime dei ribelli, dei più di mille ragazzi e ragazze rapiti alle famiglie, di chi è riuscito a scappare, di chi è rimasto mutilato, di chi è stato freddamente e diabolicamente trucidato. Ho rabbrividito nel vedere foto di volti e corpi rovinati, e mi sono posto un bel po’ di domande su questa incredibile e traumatica situazione.
Chi ci “sguazza” in tutto questo sono le ONG e anche la Monuc (forze dell’Onu) che hanno trovato una miniera per fare più i loro interessi che quelli reali della gente.
Infondo anche la gente che ci lavora con loro ha possibilità di avere alti guadagni, ma la loro presenza rischia di fare degli Azande della zona, un popolo di mendicanti.
Qualche esempio: una ONG ha portato circa 4000 pulcini di razza europea per farli crescere e  distribuirli tra la gente per sollecitarne allevamento, non tenendo conto che quella razza non è adatta a questi climi. C’è quindi una moria continua di pulcini. Quanto sono costati? quanto è costato il trasporto? Quanto costa l’allevarli? E quanto ci mangia su l’ONG????
Un’altra ha fatto dei cessi per la gente utilizzando un centinaio di sacchi di cemento, oltre che a un bel numero di operai lautamente pagati. A calcoli fatti con la stessa quantità di cemento avremo fatto un’intera scuola elementare. Con Sergio, conoscendo approssimativamente il loro modo di agire, abbiamo calcolato che un loro progetto, a noi costerebbe la bellezza di circa 20 e più volte di meno. Loro devono mantenere tutto l’apparato, noi cerchiamo di lavorare con e per la gente tenendo conto della cultura e dell’ambiente.
Se chi è impiegato da loro ci guadagna bene (anche se questo è limitato al tempo di emergenza) chi è povero si impoverisce ancora di più; perché i piccoli e grandi commercianti sapendo che ci sono soldi in circolazione, quadruplicano i prezzi delle cose.
Conclusione: le ONG se da un lato aiutano nell’emergenza, fanno anche dei danni seri e infondo fanno anche i loro interessi.


Un’altra cosa mi ha scandalizzato su questo tema: recentemente sono arrivati grossi quantitativi di libri per le scuole elementari, sia per Isiro sia nella zona di Dungu, e lo stato che li ha ricevuti (non so da quale organismo), ha voluto distribuirli. Ma presa visione della cosa i vescovi e le coordinazioni diocesane si sono opposte, perché nei libri c’erano diverse pagine dedicate alla prevenzione dell’HIV con le spiegazioni dettagliate sul uso del preservativo. P; Sergio mi ha detto che con i testi avrebbero distribuito anche i preservativi per i bambini. Come dire “ anche se siete piccoli fatelo anche voi, ma usate quest’aggeggio”…

Mercoledì 28 Aprile

Questa mattina  ho terminato il lavoro di restauro in chiesa per i dipinti rovinati dalle piogge: il primo rappresenta “il Signore con i discepoli di Emmaus” e il secondo “il battesimo dell’ eunuco da parte di Filippo” e poi “la Crocifissione “ nel salone parrocchiale. Il lavoro è ben riuscito.
Purtroppo questa ultima opera non è destinata a durare perché è fatta su una base di intonaco alla congolese, cioè fatto con sabbia e fango e con molto poco cemento, per cui le termiti ci fanno facilmente i loro nidi che distruggono le pareti.
Ho preso contatti con un motociclista per farmi riportare a Isiro domani, ma P. Sergio si è opposto visto che ho ancora strascichi dopo la recente malaria e mi farà partire in aereo alla prima occasione, forse venerdi.

Nel pomeriggio siamo andati in moto a visitare l’aeroporto che la Monuc ha costruito per suo uso. Si trova a dieci chilometri sulla strada per Duru. Hanno fatto una pista di 2km; in terra battuta che puo’ servire anche per aerei di grossa stazza e con piazzali per elicotteri.
E’ in mano ai soldati marocchini che sorvegliano, mentre quelli filippini hanno il compito della logistica e della manutenzione delle strade e piste. Grandi mezzi:camion, ruspe rulli compressori, automezzi di tutti i tipi, elicotteri, gruppi generatori (italiani) da 250KVA, officine, containers adibiti ad abitazioni con aria condizionata e luce giorno e notte, cucine, sale mensa e via dicendo. Ci sono dei congolesi che lavorano per loro e che sono ben pagati.
Non avevamo ancora terminato la nostra visita che abbiamo dovuto rientrare in fretta perché il cielo si era fatto pesante e minaccioso.
Eravamo quasi arrivati a casa quando cominciavano a cadere le prime gocce, cosi Sergio per far prima ha attraversato il campo militare delle FARDC che è dietro alla parrocchia…poche rapide immagini e sono rimasto schoccato…che desolazione!!! C’erano capanne fatte con frasche di palma che certamente non proteggevano più di tanto dalla forte pioggia dei temporali. Niente tende, niente luce, tre sassi e una pentola per ogni famiglia per cucinare.
Giungiamo a casa, protetti, mentre si scarica un violento temporale. Rivedo le immagini di questi nostri soldati delle loro moglie e bambini sotto le  precarie capanne a prendersi l’acqua, e rivedo le grandi possibilità della Monuc, che contrasto, che sberla per la RDC !!!
Anche se so che non è giusto quello che i nostri spesso fanno alla gente per riuscire a “sbarcare il lunario” non mi sento di condannarli, sono vittime anche loro, anche se hanno tra le mani i vecchi e sgangherati Kalashnikov.

Discorso a parte va fatto per i soldati regolari ugandesi che sono presenti sul territorio, ma poco visibili. Sono stati inviati da Kampala ben equipaggiati e motivati per scovare i ribelli del LRA. Una delle loro basi era a Duru, ma ora hanno lascito il posto alla Monuc mentre loro si spostano sulle tracce dei ribelli. Sono capaci ed efficaci, gli unici che contrastino realmente i ribelli. Sembra che abbiano l’ordine di prendere Kony vivo e hanno un premio di mille dollari per ogni ribelle del LRA che prendono vivo. Si è venuto a sapere che nei giorni scorsi ci deve essere stato uno scontro tra i soldati ugandesi e i nostri. Da quanto si dice gli ugandesi si prendono beffe dell’incapacità e povertà delle FARDC che offesi reagiscono.

Giovedì 29 Aprile

Che sorpresa: Stavo seduto sui gradini di casa quando è passato uno dei nostri soldati di ritorno da chissà quale battuta, con tanto di elmetto schiacciato sulle orecchie e ben armato, con legato a una corda un ribelle prigioniero di guerra, che lo seguiva tranquillamente e docilmente prendendo a morsi un mango. La scena meritava una foto che ho preferito non fare per non irritare il soldato perché il prigioniero in questione era un bel babbuino.
Ho fatto ancora qualche lavoretto per sistemare parti dell’intonaco della chiesa che si erano scrostati.

Ancora con Sergio nel pomeriggio abbiamo fatto una visita al campo base dei vari organismi legati all’ONU (Fao, Unicef, Alto commissariato per i rifugiati ecc..), vicino alla base militare. Anche qui risalta la qualità di vita e di logistica, con caratteristiche anche maggiori di quelle viste all’aeroporto. Siamo accompagnati da Bienvenu, ufficiale guardia di sicurezza, che ci spiega come funzionano gli organismi e che azione fanno. Un dirigente (anche congolese) di questi organismi spende quasi 50$ dollari giornalieri per vitto e alloggio, il che fa supporre che sia molto alto il salario che riceve nelle banche del suo paese e in parte in loco. Ripenso ancora alla situazione dei nostri soldati congolesi, che dovrebbero ricevere 40dollari al mese, salario che spesso e volentieri finisce nelle tasche dei loro superiori, e a loro giungono le briciole.
Il solito temporale quotidiano ci obbliga a restare con Bienvenu per oltre un’ora. Nel campo  c’è grande fermento perché sabato dovrebbe arrivare il sottosegretario dell’ONU Holm in visita ufficiale, con uno scodazzo di una decina di giornalisti di varie emittenti televisive.

Venerdì 30 aprile

Tre ufficiali della Monuc con alcuni dei loro soldati rimasti in disparte, sono venuti a Bomokandi per renderci visita. Due erano marocchini e l’ultimo inviato come ispettore dall’Europa era inglese. Hanno posto a Sergio e a Ferruccio un sacco di domande sulla popolazione,sui rapporti nostri e della gente con la Monuc e sui ribelli e le loro azioni infami…Mi hanno dato l’impressione di non essere al corrente di molte cose. Vivono nel loro “bozzolo dorato” con distacco dalla gente e dai loro problemi. Sergio ha parlato chiaro dicendo che la Monuc è più interessata al futuro del Sud Sudan che ai ribelli, e che c’è dietro lo zampino delle grandi potenze, Inghilterra inclusa…tanto per stuzzicare le reazioni dell’ufficiale, che non si sono fatte attendere. Tutto sommato l’incontro è stato cordiale e schietto. Penso che siano i preliminari per la visita del sottosegretario dell’ONU di domani.
Per me il suo arrivo è una chance, perché il pilota di ASF (Avion sans frontières) deve scendere a Isiro per prendere lo scodazzo di giornalisti, cosi posso partire.
 
A fine mattinata ho avuto un incontro con Dido, un ragazzo quindicenne che è stato nove mesi prigioniero dei ribelli che volevano ridurlo ad essere uno di loro. E’ riuscito a scappare e salvarsi. La sua testimonianza la scriverò a parte.
Ferruccio è partito per il villaggio di Kiliwa a quaranta km a nord in zona critica, per fare apostolato e celebrare la domenica con la gente del luogo. Rientrerà lunedì se tutto va bene.
 
Sabato 1 maggio
 
Festa del lavoro, ma qui tutti sono stati all’opera…. Questa mattina, al mercato vicino alla parrocchia, c’era molta gente, ma in seguito a un falso allarme c’è stato un fuggi fuggi generale e il mercato si è svuotato subito. Tutto sembra calmo ma basta poco per mettere la gente in agitazione.
La presenza serena e solidale di Sergio e Ferruccio rassicura e rincuora la gente. Del resto le attività della parrocchia continuano regolarmente sia al centro che nei villaggi. La partecipazione dei cristiani alle celebrazioni e agli incontri è più forte che nel passato.
Per me niente volo perché l’aereo è andato a fare un servizio a Niangara e poi da li scenderà a Isiro. Mi hanno promesso che il volo sarà domani.
 
Domenica 2 maggio
 
Rieccomi a Isiro. Questa mattina pioveva e il volo che doveva essere alle 7,30 è stato rimandato di ora in ora fino alle 11. Quando sono partito Sergio stava celebrando la Messa, cosi ho preso la sua moto, caricato i bagagli e sono partito solo all’aeroporto. Lui poi avrebbe recuperato la moto presso l’incaricato appena possibile.
Per Avion Sans Frontières è arrivato un aereo nuovo, un “grand caravan” da 12 posti, e anche i piloti canadesi si stanno dando il cambio. Il “vecchio” pilota del Quebec (che ora lascia il posto a un giovane che parla solo inglese) é simpatico e alla mano. Ci ha dato le istruzioni su come comportarci in caso di problemi di volo, dicendoci anche: “Guardate nella tasca del sedile davanti a voi. Il sacchetto che c’è li potrebbe servirvi per la pipì in caso di bisogno, visto che i finestrini sono a chiusura stagna…”
Il volo di tre quarti d’ora è stato gradevole e me lo sono goduto anche perché potevo seguire sia le zone sorvolate sia la “planche” dei strumenti di bordo. A mezzogiorno atterravamo a Isiro. Poi ho trovato un canadese protestante che è stato cosi gentile da portarmi fino a casa.



Intervista a  un ragazzino riuscito a scappare dagli artigli dei ribelli del LRA

La settimana scorsa ho avuto l’occasione di rendermi a Dungu, verso la frontiera con il Sudan, per portare ai nostri due confratelli P. Sergio e P. Ferruccio una moto, che è l’unico mezzo di cui possono servirsi per visitare i villaggi che fanno parte della parrocchia, e per eseguire alcuni lavori. I villaggi del vasto territorio  di Dungu, Faradje e Doruma, da oltre due anni sono teatro delle sanguinarie e violente incursioni dei ribelli Ugandesi della LRA, che uccidono, mutilano, violentano,  saccheggiano, e si portano via la gente soprattutto ragazzini ragazze e donne. Molti di loro sono stati uccisi. I ragazzi schiavizzati, piano piano vengono indottrinati e obbligati a diventare dei ribelli pronti a uccidere. Le ragazze e le giovani mamme, sono forzate ad essere le loro donne e sono rese schiave delle loro voglie. Dalle stime fatte il numero dei rapiti è probabilmente superiore al migliaio.
Le forze della Monuc (ONU) e delle FARDC (force armate regolari della RDC) non riescono ad far fronte alla ferocia dei ribelli, che ora attaccano all’improvviso a piccoli gruppi seminando panico e terrore. Solo i soldati ugandesi, ben motivati e preparati riescono a volte a stanarli e avere il sopravvento.
Nel nostro quartiere vive Dido, un ragazzino che è stato lungamente prigioniero delle LRA che l’hanno rapito quando aveva poco più di tredici anni. Ho visitato la sua famiglia e gli ho chiesto di raccontarmi quello che ha vissuto.


Dido parlami un po’ di te:

Mi chiamo Mbolihundo Dieudonné Gemiko, in famiglia e gli amici mi chiamano Dido, ho quindici anni, e abito qui nel quartiere Bomokandi di Dungu a 500metri dalla parrocchia.
Mio padre abita a Kaka a una ventina di Km da qui, e anch’io fino a due anni fa stavo con lui.
Andavo a scuola li nel villaggio.

Raccontami come sei stato rapito,  assieme a chi e dove vi hanno portato.

Non ricordo bene che giorno fosse. Quel giorno come tutti i giorni sono stato a scuola poi a casa per aiutare mio padre nei lavori. Era notte e stavo dormendo nella mia capanna quando i ribelli hanno sfondato la porta e hanno fatto irruzione.  Svegliato di soprassalto ho visto che era meglio non reagire. Erano in tre, mi hanno preso e portato via e poi legato con una solida corda ai fianchi, me hanno caricato con un pesante sacco di manioca, e mi hanno intimato di camminare. Sono stato l’unico rapito quella notte nel mio villaggio, ma lungo la strada, si sono uniti a noi altri due ribelli con altri due ragazzi rapiti, anche loro portavano pesanti sacchi di farina di manioca, riso ed altro. I sacchi erano veramente pesanti e facevamo fatica a camminare, ma loro di bastonavano. In un villaggio sotto i nostri occhi hanno rapito anche una giovane mamma che teneva il bambino piccolo in braccio. Gli hanno strappato il piccole e lo hanno gettato su un mucchio di arachidi, trascinando con loro la mamma disperata. So che questa donna poi si è salvata e lasciata libera a Bangadi. Ha camminato con noi carica di cose. Poi sono giunti anche altri ribelli con altri tre ragazzi. Uno di questi tre  ha cercato di reagire e fuggire; ma non ci è riuscito. Lo hanno legato e bastonato fino ad ucciderlo sotto i nostri occhi.
Eravamo spaventati e confusi.
Abbiamo camminato molto, tutta la notte fino all’alba,  in savana e foresta, finché stremati ci hanno dato la possibilità di dormire un po’ sempre ben legati tra noi. Non sapevamo dove ne dove eravamo ne dove eravamo diretti.

Come vivevate assieme ai ribelli e come eravate trattati?

Con i ribelli che rientravano dalle loro incursioni arrivavano nuovi ragazzi, ragazze e donne rapite. Eravamo molti, oltre una cinquantina, mentre i ribelli erano molto numerosi. Eravamo trattati male; spesso venivamo bastonati e non ci davano che pochissimo da mangiare, tanto che soffrivamo per la fame.  Ci spostavamo in continuazione con faticose marce e carichi di sacchi di cose. La notte dormivamo all’aperto legati, anche se pioveva, mentre loro dormivano riparati in tende fatte con teloni. Alcuni di loro montavano la guardia a turno.
Abbiamo preso tanta acqua durante le notti e i giorni di pioggia. Ho avuto fortuna perché nonostante le intemperie e la dura vita non mi sono ammalato. Solo una volta un forte mal di stomaco.

Quanto tempo è durata la tua prigionia?

Sono rimasto loro prigioniero per nove mesi, e il nostro lavoro era camminare e portare i pesanti carichi durante i continui spostamenti. Parlavamo in Lingala, perché tra di loro c’erano dei congolesi che potevano seguire i nostri discorsi e quindi sapere se preparassimo la fuga. Ci era stato proibito di parlare tra di noi nella  lingua Azande che loro non comprendevano. Nelle nostre marce non mi rendevo conto dove eravamo diretti, perché si camminava sempre in foresta o in savana lontano dai villaggi.

Hai avuto occasione di vedere il loro capo Kony?

Dopo tre mesi di spostamenti e brevi soste siamo giunti dove Kony era accampato con i suoi uomini. Credo che eravamo in Centrafrica. Assieme agli altri ragazzi prigionieri sono rimasto in questo campo quattro mesi. Le ragazze erano obbligate a diventare le donne dei ribelli, che erano violenti perché fumavano droghe e prendevano bevande fortemente alcoliche rubate nei loro saccheggi. . Anche Kony aveva molte donne, alcune congolesi. Poi con un gruppo abbastanza grosso, ci siamo spostati nel Darfur.

Immagino che passando il tempo il controllo su di voi fosse meno rigido e forse eravate trattati un po’ meglio, e che questo abbia favorito la tua fuga.

Negli ultimi mesi i ribelli, pur trattandoci male, hanno cominciato ad avere più fiducia in noi e a darci in mano il fucile. Mi hanno addestrato a usarlo, ma non ho mai sparato sulle persone a parte il giorno della fuga. Non partecipavamo alle loro incursione, ma ero presente  e ho visto uccidere da loro cinque persone. Un giorno al mattino, assieme a due ragazzi sudanesi prigionieri, abbiamo lavorato per rifornire d’acqua l’accampamento. Eravamo affamati e ci aspettavamo di poter prima mangiare qualcosa, ma non ci è stato dato niente. Già da giorni covavamo rabbia. In noi tre è scattata la decisione di reagire e abbiamo imbracciato i fucili e sparato sui ribelli che presi alla sprovvista e non avendo realizzato da dove venisse l’attacco, hanno pensato che fossimo soldati ugandesi e c’è stato un fuggi fuggi. Alcuni pero’hanno reagito sparando verso di noi che a nostra volta prendevamo la via della fuga.
Sono stato colpito al ginocchio, e sono caduto. Siamo riusciti a nasconderci e a non farci trovare. Siamo stati fortunati perché nei dintorni c’erano soldati regolari Ugandesi che richiamati dagli spari sono intervenuti, ci hanno preso e portati in salvo.

Come vi hanno trattato i soldati ugandesi e come sei riuscito a rientrare in famiglia?

Ci hanno interrogato a lungo e poi con i loro mezzi ci hanno portato a Eso (Sudan), poi a Nzara, Yambio e infine a Juba. Da Juba lasciato i miei compagni fui poi trasportato a Kampala (Uganda) e poi a Karthoum (Sudan), dove fui ricoverato e operato alla gamba. Ho passato cinque mesi in Ospedale, e sono stato trattato bene. Poi mi hanno riportato a casa qui a Dungu. I miei genitori continuano a ringraziare Dio perché sono ritornato. Avevano quasi perso la speranza di rivedermi.

Cosa pensi dei ribelli LRA?

Dido tace, preferisce cercare di dimenticare e ricominciare, anche se non sarà facile.

Fr. Duilio




Marzo 2010


Isiro giovedi 25 marzo ’10 Oggi sono stato a casa tutto il giorno. Ho avuto conversazioni con differenti persone. Dopo la messa terminata alle 7h mi sono intrattenuto con dei bambini che attendevano di entrare nelle salette per la lezione di catechismo. Dopo avere aperto le porte e insieme ad alcuni di loro messo in ordine le panchette ho scherzato con loro e fatto delle domande di grammatica francese a modo di gioco.
Alcuni adulti sono venuti per comperare la nostra rivista comboniana di lingua francese. Approfitto sempre per sviluppare un piccolo dialogo di conoscenza reciproca. Ricordo che la rivista non è solo dei missionari ma dei cristiani che intendono  allargare le loro conoscenze e avere una visione migliore del mondo che ci circonda. Ricordo che il commerciante cristiano non fa un semplice “marketing” della rivista ma la diffonde con spirito apostolico. Se il commerciante pagano cerca per priorità e anche con mezzi illeciti il guadagno a noi credenti interessa innanzittutto diffondere la Buona Novella. Ogni credente deve prenderla a cuore. La nostra rivista è l’unica che circola in città.

Venerdi 26: alle 16h15 abbiamo cominciato la Via Crucis su una via del quartiere. Io sono intervenuto alla fine per dare la benedizione finale alla preghiera. Avevo tanti bambini intorno a me che mi scrutavano. Sono il sacerdote bianco e straniero che è diventato quasi una rarità in città.Erano contentissimi di stringermi la mano per lo scambio del segno della pace alla fine della preghiera. Lentamente ho fatto ritorno in comunità che si trova su un’altra collina. La città sorge su tante collinette ed è ricca di tanti pozzi ma pochissimi sono quelli considerati di acqua potabile.Lungo il cammino mi sono intrattenuto con molte persone. La vita dei cortili è chiassosa e sotto gli occhi dei vicini. Vicino a casa ho comperato un po’ di banane perchè sul tavolo della sala da pranzo non ce n’erano più. Non erano gran che questa volta. Bisogna accontentarsi. Alle 18h30 la gente si ritira nel suo cortile. Al crepuscolo cena.Alle 19h  è sempre  notte.

Martedi il 30:7h15. Stanotte ho dormito poco. Sabato ho preso durante la notte un colpo di freddo e ora il raffreddore e un inizio di malaria mi disturbano. Staamani il vescovo della nostra vasta diocesi di Isiro-Niangara celebrerà la messa crismale anzicché giovedi come si fa in Italia. Le distanze da percorrere e le difficoltà di spostamento sono grandi. Per precauzione resterò a casa calmo e ritirato in stanza.Prenderò delle medicine per prevenire lo sviluppo della malaria; in questi giorni della settimana santa non è permesso di ammalarsi.Ieri mattina sono andato in un centro di ascolto e poi mi hanno accomapgnato a dare il sacramento del perdono e Eucarestia ad un handicappato che si muove strisciandosi sulla terra e un anziano da una gamba rotta che è morto nel pomeriggio. Silvio,l’handicappato faceva un grande sforzo a parlare. Afferravo solo poche parole ma le persone vicine che sono abituate a lui mi hanno aiutato a capire il resto. Lungo il sentiero del ritorno un sordo muto anziano che spingeva la sua bici carica di legna da ardere mi salutò con molti gesti e un viso sorridente, contento di incontrarmi.Con questi pensieri vi auguro BUONA PASQUA.

Questo sabato lascio la città con Ernesto,giovane confratello messicano e viaggeremo il tratto principale insieme. Rientreremo fra dieci giorni. Usciremo con due moto. Speriamo bene. Due settimane fa,lui si scontrò con una bicicletta che scendeva a velocità al lato opposto e al senso contrario, guidata da un anziano e carica di verdura. Il vecchio papà è ancora all'ospedale con una costola fratturata.
Ciao a tutti   p.Franco


Note sparse

15 febbraio 2010

Il cinque del mese ero nel villaggio Azangwe, a 20 da Isiro. Era programmato il battesimo di 13 bebè. Un lutto al villaggio aveva a Natale impedito molti ad andare al centro di settore per il battesimo comunitario. Finita la messa, mentre arrangiavo le mie cose ho visto con stupore due adulti bere l'acqua del battesimo raccolta nella bacinella di plastica. Sono intervenuto e ho spiegato che essa non è potabile. Non basta vedere l'acqua chiara agli occhi ma è da sapere come è custodita. In questo caso si trattava di acqua caduta dalla testa di 13 bambinetti. Quale pulizia hanno i capelli per permettersi di bere quell'acqua? I capelli trattengono il sudore del corpo e la polvere dell'ambiente. Il corpo ha i suoi microbi esterni. E' meglio non berla. 
L'altro giorno hanno sepellito un notabile del quartiere. Era agente riscossore delle tasse. Era stimato dai cristiani nonostante il suo ruolo e avesse due mogli. Era già molto anziano e da anni  era assiduo al vicino Centro di Ascolto parrocchiale del quartiere. Era rispettoso e comprensivo tra la gente. Aveva intenzione di regolarizzare il suo stato religioso. Poiché era cattolico toccava agli animatori parrocchiali cattolici gestire il lutto della famiglia. Cosi nella mattinata erano venuti a chiedere che un sacerdote andasse a fare una preghiera davanti alla salma nel suo cortile. Avevo promesso di andare verso le 13h,mentre loro lo avrebbero seppellito qualche ora più tardi. Quando sono arrivato là c'era un pastore di una chiesa protestante che teneva il suo sermone. D'abitudine noi sacerdoti ci limitiamo ad una breve celebrazione della Parola senza accompagnare la salma alla tomba. In attesa che il pastore termini la sua preghiera mi hanno fatto sedere tra le autorità civili della città con le quali ho scambiato qualche parola. Erano ben contente di avermi a fianco. Mi hanno ceduto la sedia migliore e in posizione centrale. All'occasione avevo indossato una grande stola viola,avevo fatto preparare dell'acqua per la benedizione della salma e dei presenti. Dieudonné, un catechista animatore, che era al mio fianco curava l'organizzazione. Abbiamo cantato,ascoltato la parola di Dio e dato spazio ad una riflessione conclusa con una preghiera universale. Infine ho benedetto la salma e i presenti vicini ad essa.
Ieri sono rientrato in comunità verso le 16h.Venivo dal villaggio Mambeke,lontano 30km. Ho avuto difficoltà a superare la salita di 30cm con la moto Avevo passato al guado un ruscello e dovevo passare tra delle radici di piante e quindi salire su un terrapieno. Non potevo lanciare la moto. Avevo poco spazio sui fianchi. C'erano dei piccoli fossati e quindi sarei forse caduto in uno di essi. Un giovane che mi accompagnava mi ha aiutato a spingere indietro la moto e a tentare la salita 15cm a sinistra. Ci siamo riusciti. Per non appesantire la moto avevo messo la marcia ed ero rimasto a terra.
Una volta arrivato nel suo cortile mi ha presentato la sua famiglia e quella di sua sorella maggiore. Sull'aia c'erano migliaia di termiti che seccavano al sole. Le avevano catturate durante lo sciamare della notte. Esse si lasciano catturare dove vanno attratte dalla luce della lanterna o di un fuoco. Cosi mi hanno regalato un bel sacchetto di esse. Sono saporite ma no bisogna mangiarne più di un cucchiaio per giornata. Ne feci l'esperienza quando molti anni fa ebbi mal al ventre e diarrea. Avvicinandomi alla città ho visto in un cortile molte persone sedute sotto una tettoia di canne di bambù e rami di palma mentre dei giovani erano intenti a scavare una fossa. Mi sono fermato e ho chiesto informazione. Si trattava di un adulto di forse 30 anni. Soffriva da anni ai polmoni. Morì dopo avere vomitato tanto sangue. Ho pregato e benedetto la salma e pure la fossa dove un giovane era ancora intento a scavare. I giovani avrebbero voluto che facessi un'offerta per aiutare la veglia funebre. La mia risposta era pronta. Ringraziate Dio perché non vi manca la salute  e la natura è generosa. Tante sorti di piante e verdure crescono con  poca fatica. E' una vergogna chiedere aiuto al padre, anzi si dovrebbe fare una offerta al padre che è là per istruire e incoraggiare tutti a vivere  con onestà e generosità la vita anche verso chi è debole o handicappato. Quindi dopo uno scambio di battute sono ripartito.
Lunedi 22 febbraio. Sabato mattina sono partito dopo una violenta pioggia. Dopo tre ore di viaggio cioè a mezzogiorno sono arrivato nel villaggio, Dila. Si trova dopo 10 km di savana per un sentiero, trasformato in un canaletto e  che un tempo era una strada per camion. I cortili della gente lungo il percorso erano rari. Per alcuni tratti il sentiero era quasi invisibile a causa delle erbe alte più di un metro. Mi davano fastidio alla faccia, agli occhiali. Il rumore della moto al mio arrivo ha attirato veloci i vicini della chiesetta. Due maestri mi hanno mostrato i tre pietosi edifici in paglia della scuola elementare. Non posso accettare di aiutare una scuola dove i genitori non si interessano di aiutare al funzionamento della scuola. Molti adulti non sentono il bisogno di avere una scuola. Mandano volentieri i figli alla classe ma non si interessano di dare un centesimo ai due insegnanti che non ricevono nulla dallo Stato. Invece di dare soldi potrebbero collaborare facendo il campo agli insegnanti che danno molto del loro tempo ai loro figli. Ci vorrebbe la forza dell'autorità pubblica per obbligare i genitori a mandare i figli a scuola e dare un contributo. Noi missionari aiutiamo dove vediamo buona volontà.
Lungo il percorso sulla strada principale mi sono fermato più volte a salutare e dare delle informazioni ai cristiani di alcune cappelle. Per esempio vogliamo radunare un gran numero di donne della foresta all'occasione della festa della donna dell'otto marzo. Tre giorni di formazione saranno organizzati al centro. Avevo salutato una donna che voleva andare ad un lutto a piedi lontano 90 km. Non ho potuto caricarla, ero già molto carico.